Anche sulla laica Fiera di Maggio è stata innestata la celebrazione della Madonna Liberatrice, e la neonata Sagra della Frittella ricorre per S. Antonio Abate. Ma le maggiori festività tradizionali di Tuscania restano la Fiera di Maggio e i Festeggiamenti Patronali di agosto, alle quali si aggiunge un ricco calendario di ricorrenze stagionali meno festaiole e pubbliche, ma non meno piacevoli, genuinamente legate alle tradizioni agricole.
La occasionale raccolta estiva delle lumache dopo i temporali, consumate in cene accompagnate coi vini bianchi caserecci di fine annata. Le merende di agosto con porchetta e altri semplici companatici, a ricordo di ormai remoti festeggiamenti di conclusione della raccolta dei cereali. La raccolta dei funghi, porcini nelle macchie delle vaste campagne d'intorno, e i rinomati ferlénghi, in arcaici e remoti ferleti.
La vendemmia di ottobre, nelle piccole e generose vigne dei pendii di questa Maremma Laziale o sugli altipiani verso il lago di Bolsena. La raccolta delle olive e la spremitura di novembre e dicembre, con altre cene, a base di bruschetta con l'asprigno e ottimo olio nuovo.
La macellazione dei maiali all'arrivo dei primi venti di tramontana e durante l'inverno, ch'é anch'essa occasione di grandi fritture e arrosti alla brace, coi bianchi i rossi o i fragolini novelli. La caccia, occasione di saporiti piaceri culinari, basti pensare alla non rara cattura dei cinghiali, anche in questo caso con banchetti e feste di gruppo, mangiate a cui si può giungere anche catturando lepri, fagiani e altri uccelli. Quella della caccia è una remota e viva tradizione a Tuscania, frequentata nel passato dalle aristocrazie locali, prelati e piccola nobiltà, oggi rito stagionale più borghese, ma frequentatissimo, in quel che resta dei grandi boschi del territorio.
Inoltre è possibile scoprire usanze culinarie familiari che hanno certamente un ruolo importante e una ampia varietà di gusti e sapori che spesso esprimono anche antiche tradizioni, da riscoprire e assaporare ancora.
Basta citare i prodotti degli orti e delle vigne e gli animali da cortile, le verdure e gli ortaggi insaporiti da odori antichi che da sempre vivificano di
di sensazioni piacevoli quella che sarebbe misera alimentazione, coma la mentuccia e l'origano selvatici, per esempio. Il rosmarino capace di rendere un umile pollo arrosto una pietanza. L'inevitabile finocchio spontaneo, dai costoni arsi di tufo delle necropoli, che cosparso sulla carne di maiale unita a patate, con del buon vino e pane casereccio, è fra le poche cose in grado di far lacrimare di giogi un corpulento contadino di queste parti. Tante le piante selvatiche, da sempre ricorrenti sulle mense, a riempire quella dei poveri, ad arricchire e variegare quella degli altri.
Il cresciòne e i pisciallétti dei fossi in insalata, l'immancabile aspra cicoria di campo, dalla rustica bontà, e i tipici mazzòcchi che in questa terra hanno il sapore delle cose genuine.